martedì 26 aprile 2011

Ristorante Cantina Cantarini- Da Mario, Roma

Il locale è minuscolo, come tanti a Roma: una sola stanza con tavoli talmente ravvicinati che per farmi accomodare, la cameriera deve far alzare due persone dal tavolo vicino. Qui turisti ce ne sono davvero pochi, solo quelli che hanno scovato il nome della Cantina Cantarini in alcune guide straniere, poiché, dalle informazioni che sono riuscito a recuperare, le guide italiane snobbano il posto.


Siamo, inoltre, fuori dal circuito del passaggio turistico standard: in piazza Sallustio, un posto tranquillo in cui ci si imbatte percorrendo via Piave, appena pochi metri dopo aver lasciato via XX Settembre. La Cantina è al civico 12, ed è lì da oltre un secolo, quando i Cantarini da Staffolo, paese in provincia di Ancona noto per l’ottima produzione di Verdicchio, presero la via della capitale. Nel 1903 Mariano Cantarini aprì la cantina. Oggi la gestione è cambiata, ma sempre marchigiana è, e anche i nuovi titolari sono originari di Staffolo.

L’interno del locale è quello di un’onesta trattoria paesana. Il prezzo dei piatti è contenuto, e questa è la prima qualità positiva di un locale che dal giovedì al sabato propone solo pesce, e trovare nel centro di Roma un ristorante di pesce a prezzi contenuti non è semplice. Pesce fresco, è bene dirlo subito, portato a visionare al cliente, e questo è il secondo aspetto positivo.
Il terzo è la cortesia del personale. E poi la velocità del servizio. Insomma, se non fosse per un ‘particolare’, il ristorante sarebbe da consigliare a occhi chiusi.

C’è un appunto che va fatto, e non è cosa da poco: la Cantina Canterini espone all’esterno un’insegna dove è scritto “cucina marchigiana”, e un ristoratore che si fregia di proporre cucina regionale, va considerato come una sorta di ambasciatore nel mondo della sua terra e non può "tradire". Se sono a Perugia e chiedo una pasta tipica, mi attendo che mi si portino gli "umbricelli", e non uno spaghetto o una tagliatella qualsiasi. E se ordina una torta, non vorrei vedermi arrivare un dolce, bensì la salata e saporita torta al testo.
Eccoci, dunque, al nostro menu alla Cantina Canterini. Sugli antipasti nulla da dire: le alici marinate sono ottime, fatte come si deve con il limone, i polipetti al vapore e conditi in insalata più che discreti, il tortino di alici credo che richiami la cucina popolare anconetana, con i pomodori impanati e cotti arrosto che lo incoronano e nel mezzo zucchine a rondelle. Lo avrei servito appena tiepido e non freddo, come ci è stato portato; ma è questione di gusti.
Il sautè di conchigliame (cozze e vongole) è il primo "scoglio" da superare: nel piatto ci sono vongole veraci, che nelle Marche non ci sono. Perché non proporre i nostrani lupini dell’Adriatico o le telline? Certo, fanno meno figura agli occhi della clientela, ma se scriviamo "cucina marchigiana" nell’insegna, un senso glielo dobbiamo pur dare a questi piatti.

Così anche per l’olio. Ma come, l’olio di Cartoceto (provincia di Pesaro Urbino) è stato uno dei primi in Italia a ottenere il marchio europeo Dop (denominazione di origine protetta), e sul tavolo mi trovo un olio di un’azienda di Fara Sabina, senza nemmeno uno straccio di certificazione? E se proprio non si vuole proporre la Dop Cartoceto, almeno si scelga olio di un’azienda agricola marchigiana.

Il vino non mi esalta: siamo in due, ma bevo solo io e ordino un rosso in bottiglia da 25 cl. dell’azienda agricola Finocchi di Staffolo; l’etichetta riporta l’evocativo nome di Kylix (in greco antico significa coppa, bicchiere), è un Igt Marche di cui al massimo riesco a bere un mezzo bicchiere. In carta trovo etichette senza dubbio migliori, bianchi soprattutto, ed è giusto così, poiché si tratta di un locale che serve prevalentemente pesce (anche se negli altri giorni della settimana la Cantina offre cucina romana tradizionale).

Come secondo abbiamo ordinato due grigliate miste. Ottima la presentazione del pesce in vassoio prima della cottura, però osservo che in menu ci sono solo grigliate monotematiche: grigliata di spigola oppure grigliata di gamberoni o grigliata di ombrina o grigliata di scampi ecc.

Per ogni voce è riportato il costo all’etto, un modo corretto, certo, ma forse con qualche difficoltà per chi non riesce mentalmente a calcolare, neanche vedendola sul vassoio, se una spigola pesi 3 etti o un chilo.
Manca la grigliata classica delle Marche e dell’Adriatico, la "rustida", dove, oltre all’immancabile spiedino, ci va pesce misto, quel che i pescherecci riportano dal mare più sapido d’Italia: sogliole, seppioline, calamari, pesce azzurro (alici, sardine, sgombri, suri), triglie (roscioli), cannocchie (pannocchie), ed altro. E poi, aspetto peculiare delle grigliate marchigiano-romagnole, è che il pesce è rigorosamente “sa la mulica”, ovverosia con pane grattugiato insaporito con olio extravergine, aglio e prezzemolo fresco. E nella grigliata che assaggio alla Cantina di mollica non c’è neanche l’ombra.

Oggi che si compra tutto in pescheria, la selezione di un buon pescato per la grigliata dell’Adriatico non costituisce certo un problema e mi sarebbe piaciuto trovarla, bell’e impanata, in questo ristorante di cucina marchigiana dove, peraltro, non trovo in menù la voce fondamentale per qualsiasi ristorante di pesce che ami fregiarsi di questa dicitura: il brodetto, vanto anche della cucina anconetana.
E‘, questo, un altro piatto basilare della cucina marinara adriatica (e non solo), da Trieste fino al tacco d’Italia, che ha mille varianti –anche nelle stesse Marche: il brodetto di Fano è diverso da quello di San Benedetto del Tronto, quello di Ancona da quello di Civitanova. Diciamo, sommariamente, che è una zuppa di pesce molto ricca, insaporita con pomodoro –almeno nella riviera marchigiana, vino o aceto.
In menu non lo vedo, ma immagino che lo si possa avere su ordinazione, considerato che è un piatto che richiede diverse qualità di pesce e ha una cottura tutta sua, semplice solo in apparenza.

Che aggiungere? Che da questo "cucina marchigiana" mi attendevo di più, soprattutto perché l’atmosfera è quella giusta, da trattoria marchigiana semplice, genuina, garbata e sobria. L’ho già scritto: il pesce è freschissimo e il posto delizioso, con quel che resta degli Orti sallustiani, e i prezzi contenuti.
In due abbiamo speso 71 euro per antipasti (16 euro), 2 grigliate miste (42 euro), vino da 25 cl. e acqua (8 euro), dessert (5 euro), pane (2 euro).
E’ quel "cucina marchigiana" che andrebbe tolto oppure –come mi auguro- riportato a nuova vita, culinariamente parlando.

SCHEDA
Provato il 5 aprile 2008
Dove si trova? Piazza Sallustio, 12- 00187 Roma (Mappa) - Tel. 06.4743341 - 06.485528
Apertura: tutti i giorni, pranzo e cena. Chiusura la domenica
Prenotazione: sì
Parcheggio: non c'è parcheggio privato, occorre trovare posto nelle vie intorno
Carte di credito: tutte

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